giovedì 27 febbraio 2014

I GIORNALI DI TRINCEA 1915 - 1918 AL CASTELLO DI DUINO

I GIORNALI DI TRINCEA 1915 – 1918

Il 29 marzo 1918, predisposta dal Comando Supremo e firmata dal Colonnello Odoardo Marchetti, Capo Ufficio Informazioni, usciva la Circolare 2293/S.I. Sezione “U” dal titolo “Scambio reciproco dei giornaletti satirico- umoristici e delle pubblicazioni per la propaganda patriottica fra le truppe” che così recitava: «E’ definitivamente approvata la compilazione dei giornaletti satirico-umoristici di Armata, da diffondersi fra le truppe  il più largamente possibile. Ai quali, come già si pratica, i militari saranno ammessi a partecipare. Simili giornali potranno essere compilati anche da minori unità (questi con mezzi propri), sotto la sorveglianza degli Uffici Informazione». Questa nuova e diversa impostazione e conduzione della guerra mediante l’ausilio della propaganda, sia nei confronti delle truppe operanti che verso il Paese, è uno spaccato di Storia Patria fra i più interessanti, ma anche fra i meno noti che avrebbe meritato nel tempo una trattazione più diffusa ed approfondita. Solo due testi, nell’arco temporale di mezzo secolo, hanno sviluppato una disamina del fenomeno, quello di Arturo Lancellotti, Giornalismo eroico, Ed. Di Fiamma, Roma 1924 e l’altro di Mario Isnenghi, Giornali di Trincea, Einaudi, Torino 1977.
In quanto emanazione del Comando Supremo e diretta conseguenza dell’istituzione del “Servizio P”, i giornali di trincea possono giustamente essere annoverati nella sfera di importanti documenti storici oltrechè specifici strumenti di propaganda e non solo mezzi di intrattenimento  ilare  ed accattivante, sovente con pregnante valenza regionale. Ecco la Propaganda; nel primo conflitto mondiale era totalmente assente l’idea che la conduzione della guerra potesse essere condizionata da pressioni di influenza  psicologica da esercitare sia sulla popolazione del Paese sia a sostegno delle proprie forze armate. Il concetto di “guerra psicologica” era una branca sconosciuta per le Forze Armate italiane ed il possibile interventi di sostegno si limitava a spiegazioni e/o commenti del regolamento di disciplina. L’opinione pubblica, oltre a non avere un potere ostativo nei confronti delle decisioni militari, era stata anche condizionata dai dettami del R.D. 23 maggio 1915 n. 675 G.U. 128 straordinaria – Provvedimenti in materia di stampa, che vietava la diffusione di notizie militari non provenienti da fonti ufficiali e quindi assegnava al “Comando Supremo il monopolio delle notizie sulla guerra italiana e ciò equivaleva, in linea di principio, alla possibilità di orientare a piacimento la pubblica opinione, se l’intera operazione fosse stata concepita per formare ed indirizzare il fronte interno. In realtà gli obiettivi erano semplicemente repressivi…” ( …) Tutto poggiava sul presupposto (ancora da dimostrare) di un atteggiamento naturalmente patriottico degli italiani una volta che il loro paese si fosse trovato in guerra”. Antonio Sema: Cose piccole e Piccole cose – Momenti e concetti della propaganda di guerra italiana nel primo conflitto mondiale. (Articolo in «L’Arma della persuasione» - Edizione della Laguna – Provincia di Gorizia  - 1991, pag. 41). Ad aggravare questa situazione contribuiva non poco il vigente sistema, nel periodo, di analisi della corrispondenza e di censura postale quale conseguenza del R.D. 23 maggio 1915 N. 689 G.U. 129 – Censura postale in caso di circostanze straordinarie, che evidenziava l’estraneità dei soldati rispetto alla guerra, la speranza di essere esonerati o destinati a servizi di retrovia, il desiderio di pace indipendentemente dai destini e dai problemi riscontrabili nei territori invasi; conseguenti a Caporetto, infatti, erano iniziate  a circolare anche voci di smobilitazione.
La necessità di intraprendere un’azione metodica e generale di propaganda che potesse investire tutti i contesti della Nazione si prospettò quindi in Italia solamente dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917. Ribaltare la situazione che presentava una negatività diffusa comportava quindi un cambiamento strutturale sia d’ordine psicologico che di intervento di vigilanza ed assistenza che partiva dal Comando Supremo per giungere «a cascata» sui combattenti e sulle loro famiglie. In questo contesto si segnalano alcune Circolari, propedeutiche a quella dell’istituzione dei giornali di trincea, anch’esse emanate dal Comando Supremo che sono citate per larghe linee ma che meriterebbero, per il loro contenuto, una trattazione più approfondita. Il 9 gennaio 1918 l’Ufficio Informazioni del Comando Supremo istituiva un ”servizio di informazioni sul morale delle truppe” con compiti di vigilanza per prevenire e reprimere la propaganda antibellica e assistenza anche nei riguardi dei congiunti del militare. Si trattava in pratica dell’istituzione del Sevizio I.T.O. (Informazioni Truppe Operanti). L’1 febbraio 1918 veniva emanata la Circolare 1117/P, documento comunemente considerata quale iniziatore del Servizio P ; si utilizzava questa dizione, approssimandosi ai soldati, al fine di fornire un approccio apparentemente più blando e meno invasivo rispetto al significato ed alle mire che il termine “propaganda” poteva far immaginare.
Ritornando alla circolare istitutrice dei giornali di trincea occorre sottolineare la terminologia utilizzata nel contesto, «giornaletti», un diminutivo spregiativo a dimostrazione che nelle alte sfere delle Forze Armate  primeggiava un atteggiamento poco consapevole circa l’effettiva utilità di questa forma di propaganda. La dizione “Giornali di Trincea” è impropria in quanto di trincea avevano soltanto la destinazione; inoltre il materiale già esistente, inglobato nel medesimo argomento, identificato da Mario Isnenghi con gli appellativi di micro giornali o proto giornali, ciclostilati o stampati a poligrafo dalle unità minori, costituiva un fenomeno presente anteriormente al 1918.  «Il carattere diverso di questi minuscoli giornaletti – certamente comunque di “trincea” più degli illustri e diffusi giornali ufficiali a grande tiratura dell’ultimo anno di guerra, spesso in realtà veneziani, vicentini, veronesi o addirittura milanesi o romani – sta appunto, oltre che nella modestia e precarietà dei mezzi  (sono poligrafati, malamente battuti a macchina con imprecisioni ed errori, a volte solo manoscritti in una sola copia), in questa loro sia pure relativa e protetta spontaneità». (Mario Isnenghi, opera citata pag. 45). Ricordiamo qualche titolo di queste testate: «La Baionetta… et ultra» organo della Brigata Emilia; «Resistere», organo della Brigata Volturno; «Il Fante», della Brigata Catania; «Il Respiratore», organo del 94° Reggimento; «Il Fifaus», del XIII Corpo d’Armata; «La Marmitta», della Brigata Barletta – 137° Fanteria; «La Notizia al Fante», della Brigata Teramo; «La Buffa»; «La Bomba … a penna»; «Il Trentino»; «La Scarica»; «La Fifa»; ecc. 
Doveroso inoltre segnalare, per riconoscer loro l’importanza e la giusta connotazione fra i giornali per il soldato nati anteriormente a Caporetto alcuni fogli di ispirazione religiosa. Uno dei primi fu “Mentre si combatte” edito a cura della Gioventù Cattolica Italiana recante la dicitura «Approvazione Ecclesiastica», era diretto da Egilberto Martire, pubblicò il suo primo numero il 6 giugno 1915. Terminata la guerra modificò il titolo utilizzando quello più consono di “Dopo la Vittoria”. A settembre dello stesso anno iniziava a Roma la pubblicazione del giornale “Il Prete al Campo” diretto da don Giulio De Rossi. Conteneva brani tratti dal Vangelo, articoli sui Pontefici e sui Santi  e rubriche di vario argomento e interesse fra cui una di carattere medico con nozioni di pronto soccorso e un’altra intitolata «Si domanda…  » nella quale si rispondeva a quesiti vari come le esenzioni dal servizio militare, le indennità spettanti ai preti feriti, su eventuali diritti spettanti al cappellano militare. Giornali di minore importanza erano “Il Savonarola”, organo della Federazione Studenti di cultura religiosa stampato a Torino che aveva un atteggiamento polemico ed ostile nei riguardi del conflitto motivato dal motto « Parlo audacemente perchè credo »;  “La stella del soldato”; “Il cuore di Gesù al soldato”; “Vigilate”; “Fede nostra” di orientamento protestante.
Ritornando a parlare dei giornali oggetto della nostra esposizione, presumibilmente al fine di evitare una dispersione di risorse e per ammantare le testate di  una forma più pregnante di ufficialità, il Servizio P favoriva e sollecitava l’emissione di un solo Giornale di Trincea che avesse la rappresentatività di organo d’Armata. Il Colonnello Marchetti aveva anche impartito disposizioni affinchè gli Uffici Informazione delle varie armate si scambiassero i giornali inviando una copia ad Ubaldo Comandini, Commissario Generale  per l’assistenza civile e la propaganda interna che stava a sua volta allestendo un giornale. Si trattava de «La Giberna», un settimanale di otto pagine, di umile formato, stampato su pessima carta giallastra e spugnosa con la testata alternativamente in nero oppure in rosso. Essendo espressione dell’Ufficio Propaganda interna non aveva una specifica rappresentatività ma si rivolgeva all’Esercito in generale utilizzando anche toni paternalistici e populisti.  Tutte le nazioni in guerra avevano i loro “giornali di trincea” specifici come ad esempio i «Journaux du front», «La Presse du poilue», «L’Eco des Argonnes», «Bulletin des armées» oppure testate utilizzate all’occorrenza come «La Baïonnette» e «Le Rire Rouge» in Francia, in Germania con il «Simplicissimus» ed il «Lustige Blӓtter» che nella fattispecie aveva aggiunto Kriegs-Nummer con ulteriore numerazione; il «Die Muskete» in Austria¸ giornali che da tempo sviluppavano il compito di vegliare sul morale dei rispettivi eserciti; in Italia, invece, solamente all’inizio del 1918 apparve il giornale di trincea come strumento di propaganda ufficiale.
 «Furono creati i giornali di trincea, ricchissima letteratura di guerra alla quale collaboravano i soldati stessi, con scritti, con disegni, con caricature. Ogni armata aveva il suo, ma ce n’erano tanti, emanazioni di enti minori, e tanti modestissimi fogli con tirature irrisorie, stampati a poligrafo, venivano redatti da piccolissimi reparti. I giornali di trincea educavano, divertivano, istruivano. E il fante aveva il gusto del giornale suo, fatto da lui, del quale conosceva spesso gli umili e simpatici redattori, e nel quale vedeva celebrato il suo reparto e rappresentata la sua vita d’eccezione con amabile umorismo. Ecco la propaganda. O credevate che la propaganda consistesse nel mandare un avvocato, un professore o magari un deputato a fare il “discorso”? Si fece anche questo ma ci si moderò, perché il discorso è una cosa da riservare alle solennità, e poi perché al soldato non piaceva che venisse nessuno… a fargli la predica». (Giuseppe Lombardo Radice, Nuovi saggi di propaganda pedagogica – G.B. Paravia & C. – Torino 1922 – pagg. 31 - 32).  A seguito di quest’ultima citazione possiamo affermare ed individuare una triplice funzione da attribuire ai Giornali di Trincea della Prima Guerra Mondiale:
-          Sono un documento storico poiché hanno ricevuto l’imput iniziale da parte del comando Supremo con la Circolare istitutiva;
-          Sono uno strumento di Propaganda sia verso la popolazione civile sia nei confronti delle truppe combattenti;
-          Sono, o possono essere considerati, la prima forma di insegnamento alle masse.
Gli intenti dei loro ideatori erano precipuamente quelli di esorcizzare il conflitto cercando di affievolire la realtà cruda e drammatica e nel contempo pubblicizzare, propagandare la guerra. Curiosa questa tesi ed anche rischiosa non vertendo su comprovate ipotesi reali, ma intanto l’operazione era partita lanciandosi in una sfida che poteva apparire fumosa, fuori da ogni logica, impossibile, ossia quella di quasi «far amare» la guerra ed entusiasmarsi talmente ad essa da accantonare i cupi pensieri. «La guerra è amara, addolciamola con l’allegria». Questa è la sintesi del messaggio-invito programmatico lanciato da Ardengo Soffici ne “La Ghirba” giornale di trincea delle Armate di Riserva (Vª e IXª), un condensato di buonumore e scanzonata filosofia della guerra ammantata da interventi satirici e caricaturali volti ad esorcizzare l’incombente pericolo di lasciare esattamente la ghirba, in gergo la propria vita, ai bordi delle trincee. L’importanza di questa tipologia di pubblicazioni è comunque dimostrato dagli ingenti capitali investiti nell’impresa e dalla pubblicazione più o meno costante anche in periodi di crisi della carta che ebbe il suo picco fra luglio ed ottobre 1918.
I collaboratori, oltre ai militari che si improvvisarono scrittori ed artisti, furono gli intellettuali, i letterati, i giornalisti sia nella zona di guerra che nel Paese, abili illustratori che si immersero in questa nuova iniziativa con prospettive, all’inizio, nebulose. L’arduo compito consisteva nel contribuire al sostegno psicologico del soldato e nel contempo promuovere la propaganda, intesa come diffusione delle informazioni al contrario di quanto sovente accadeva nei giornali austro-tedeschi che manipolavano notizie ed idee, evento constatabile sui periodici «Almanach illustré de la Gazette des Ardennes» edito a Charleville  nel Belgio invaso ed occupato e su «La Domenica della Gazzetta» pubblicata ad Udine.
Alcuni nomi di punta per rendere l’idea della collaborazione prestata alle rispettive testate: abbiamo già accennato ad Ardengo Soffici ideatore e fondatore de “La Ghirba” che dirigeva «con la penna e con il pennello»  avvalendosi della collaborazione di artisti del calibro di Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Guillermaz, Giglioli, Attilio Mussino, De Mas e per il disegno della prima pagina del Sergente Canevari e del caporale Aldo Zamboni.  “L’Astico”, giornale della IXª Divisione e della 1ª Armata con sede a ridosso del fronte. Prezzolini notò che «L’Astico fu il solo fra i giornali d’Armata che fosse scritto, composto e stampato tutto da soldati e sotto il fuoco nemico». 
 Era diretto da Piero Jahier, che si firmava Barba Piero, ossia zio Piero in genovese, ma vi collaboravano Giuseppe Lombardo Radice, il filosofo grigio-ferro, ed Emilio Cecchi; il “Signor Sì” giornale dell’Armata degli Altipiani era diretto da Piero Mazzuccato e vi collaborarono  Aroldo Bonzagni, già caricaturista dell’Avanti, Vamba, pseudonimo di  Luigi Bertelli, Gabriele Galantara, Enzo Morelli, Aldo Bruno e Salvadori che illustrava le pagine centrali, si avvalse saltuariamente della collaborazione dello storico Pietro Silva. Il “San Marco”, periodico trimestrale dell’VIII° Corpo d’Armata, impreziosito dalla tavole del pittore Filiberto Mateldi era una pubblicazione con ambizioni letterarie con testi di Gabriele d’Annunzio e Guido da Verona;  “La Trincea”, settimanale dei soldati del Grappa (IVª Armata), creato dal capitano di artiglieria Eugenio Gandolfi, giornalista, all’inizio era prodotto quasi esclusivamente dai “lettori artisti” arricchito dagli interventi dei grafici Carlin (Carlo Bergoglio) e Cavarzan (Andrea Prosdocimi) ma dal numero 19 divenne a colori accentuando le  rubriche ed i disegni. Contestualmente ebbe fra i collaboratori Grazia Deledda, Salvator Gotta, Mario Mariani, Guido da Verona, Ferdinando Paolieri, Salvatore Barzilai e grandi firme della grafica quali Aroldo Bonzagni, Mario Bazzi, Luigi Daniele Crespi, Duilio Cambellotti, Renzo Ventura (Lorenzo Contratti), Adolfo de Carolis, Camerini, Guasta (Guglielmo Guastaveglia). Duilio Cambellotti disegnava anche l’immagine in prima pagina del giornale “Il Piccolissimo” predisposto dal Comitato Laziale dell’Unione Insegnanti Italiani, diretto dal Prof. Pietro Fedele dell’Università di Roma, destinato principalmente ai ragazzi, ebbe fra i redattori Angelo Silvio Novaro, Carla Cadorna ed Eloisa Battisti.  
Ricordiamo ancora “Le Fiamme” numero unico delle truppe d’assalto; “La Vittoria” numero unico della IIª Armata con le rilevanti illustrazioni di Aldo Mazza; “Il Razzo” giornale della VIIª Armata, in bianco e nero e dai contenuti semplici che ebbe come collaboratori gli illustratori Luciano Ramo, Mario Lucini, Muggiani, Ferruccio Ganassi, Tommaso Cascella. “La Voce del Piave” settimanale dell’XI° Corpo d’Armata, uscirono 29 numeri più un supplemento al numero 27. La pubblicazione continuò con il numero unico “La Voce del Tagliamento” datato 3 novembre ma uscito successivamente con l’indicazione Gorizia, Natale 1918. Solo la testata de La Voce del Tagliamento era firmata da Burattini, gli scritti erano generalmente non firmati mentre le illustrazioni erano disegnate da Giove Toppi, G. Vitelli, Gischiat (G. Schiatti). “L’Eco della Trincea” del XIV° Corpo d’Armata”; “Savoia” del XXVIII° Corpo d’Armata;  “La Voiussa” diretta da Gino Perez per le truppe dislocate in Albania; “Il Ghibli” stampato a Tripoli; il “Sempre Avanti” organo del II° Corpo d’Armata in Francia, vi collaborarono Giuseppe Ungaretti e Erich K. Suckert (Curzio Malaparte) e per la parte grafica Golia (Eugenio Colmo), Faino, Leonetto Cappiello, Enzo Manfredini. “Il Montello” che si avvaleva della collaborazione di Massimo Bontempelli ed inoltre risentiva dell’esperienza futurista grazie ai disegni del pittore Mario Sironi ed agli scritti di Francesco Cangiulli. Terminiamo questa breve e non esaustiva carrellata con La Tradotta” organo della IIIª Armata, testata caratterizzata dall’immagine di un fante a cavalcioni di una lumaca, autore Enrico Sacchetti.
Fu il più noto, il più diffuso ed ilo più letto giornale di trincea al fronte e nel paese. Concepito dal Colonnello Ercole Smaniotto, stampato a Mogliano Veneto e tirato in 52.000 copie, uscì dal 21 marzo 1918 all’1 luglio 1919 in venticinque numeri e tre supplementi. Si avvalse della collaborazione di grossi nomi sia per gli scritti che per la grafica: Renato Simoni, Riccardo Gigante, Gino Calza Bini, Arnaldo Fraccaroli, corrispondente di guerra del Corriere della Sera, Giuseppe Mazzoni, Umberto Brunelleschi, Antonio Rubino che diedero vita ad articoli, immagini, strisce e personaggi insuperati. Di Brunelleschi ricordiamo le immagini di leggiadre figure femminili che ebbero spazio sconosciuto negli altri giornali, tra i personaggi indimenticabili “Il soldato baldoria” creato da Fraccaroli, “Il caporale C. Piglio ideato da Rubino e ancora l’imboscato Apollo Mari, il nemico Max Pataten, tedescaccio ubriaco giorno e notte, il dott. Bertoldo Ciucca, inventore, nella sua inutile eterna lotta contro gli imboscati, il fante Mattia Muscolo. Gli interventi di questo protagonista, idealizzato ed assurto a prototipo del combattente italiano, procurano situazioni esilaranti ad effetto «domino», provocano terrore e sconcerto fra le file nemiche e sortiscono, attraverso la caricatura, lo scopo ultimo di sancire la  superiorità del soldato italiano. Un rapido cenno meritano i giornali stampati nei campi di prigionia dove vigeva una certa libertà nonostante l’atmosfera non certo piacevole; infatti «L’Attesa» giornale dei prigionieri italiani a Dunaszerdahely pubblicò senza conseguenze anche caricature di ufficiali austriaci; parimenti «L’eco del prigioniero» periodico critico-letterario del campo di prigionia di Sigmundsherberg riuscì ad inserire l‘intero discorso “Per un eroe” di Gabriele D’Annunzio.

 Sempre a Sigmundsherberg  nel 1917 si pubblicò «La Scintilla» che testimoniava le variegate attività del campo per alleviare le sofferenze della prigionia.
Quanto all’impostazione, al contenuto dei giornali di trincea, non troveremo mai la cronistoria di un combattimento, il resoconto di una battaglia dalle sorti favorevoli oppure avverse, di un atto eroico o di codardia, di prigionieri catturati o di perdite subite. Le impressioni di un cronista occasionalmente presente ad azioni guerresche si potevano visualizzare soltanto nei quotidiani come conseguenza e previo “placet” di  istruzioni provenienti dal Comando Supremo, (Art. 1 del R.D. 23 maggio 1915 n. 675);  nella letteratura di Trincea queste notizie erano assolutamente inesistenti. Del resto i pochi eventi bellici rappresentati in maniera vaga e frammentaria forniscono solo lo spunto per una caricatura, per una poesia, per una trovata che possa, suscitando l’ilarità dell’occasionale lettore, ribadire due concetti fondamentali: la propria forza e la debolezza dell’avversario. Dopo i primi numeri, almeno nei giornali con edizioni più numerose, corroborati anche dal conforto di successi militari che avevano riacceso la speranza e la consapevolezza di poter ribaltare le sorti del conflitto, la riconquistata fiducia veniva amplificata nel disegno, nella caricatura, nella satira, nell’umorismo che permeava ogni foglio stampato. Le idee si tramutavano in vignette umoristiche e canzonatorie forse più idonee a rappresentazioni goliardiche studentesche che non a trattazioni delle tragedie della guerra. Era anche necessario usare un linguaggio che si accostasse maggiormente alla scarsa capacità intellettiva delle masse, che toccasse  vivamente il sentimento piuttosto che le ragioni del conflitto poco sentite, una impostazione che privilegiasse immagini di grandi dimensioni con colori vivaci e poco testo scritto in considerazione del fatto  che la maggioranza dei soldati aveva poca dimestichezza con la parola scritta e tantomeno con argomenti di una certa levatura intellettuale vista la preponderanza di elementi semi analfabeti o addirittura del tutto analfabeti. Furono messe a frutto anche le esperienze derivanti dall’incremento di spettacoli per  le truppe delle retrovie che avvenivano più frequentemente rispetto a tempi precedenti; era stato notato ad esempio, ed a noi forse parrebbe strano, che il soldato prediligeva spettacoli di marionette ed a questo proposito erano state stampate anche cartoline in franchigia con immagini di teatrini di marionette.
Nessuna meraviglia nell’utilizzazione di una terminologia fanciullesca, in una formula da naturale osmosi adulto-bambino che veniva preso in prestito da parodie già collaudate dal «Corriere dei Piccoli», potrebbe essere la conferma di una tesi formulata da tanti che i nostri combattenti non erano ancora preparati dal punto di vista psicologico a cimentarsi in una guerra, specialmente prolungata e comportante logorio psico-fisico. La memorialistica e tutte le testimonianze disponibili concordano nel descrivere la partecipazione di una larga parte dei  soldati italiani come dominata da passività e rassegnazione senza il dinamismo della consapevolezza delle motivazioni  del conflitto. Passata l’euforia iniziale di una guerra breve e travolgente, non surrogata da ragioni concrete, restava soltanto la cruda realtà del logoramento in trincea, di assalti inutili e sconsiderati ed un compendio di vessazioni provenienti dai vertici militari che rendevano le condizioni di vita al di sopra della normale tollerabilità.
Associati ai giornali di trincea, pur avendo una diversa provenienza, in quanto giornali austriaci di  propaganda disfattista , ritroviamo alcuni foglietti in formato ridotto, stampati quasi esclusivamente su una singola facciata, che venivano lanciati periodicamente sulle trincee italiane con piccoli razzi inoffensivi, le ”Friedengranaten” oppure distribuiti nelle province invase unitamente a manifestini, opuscoli e cartoline. Portano tutti la data del 1918, tranne cinque edizioni del 1917 del foglio «Novità del giorno», privi di dati editoriali, ma con alcuni titoli che richiamavano la stampa italiana, rivelano oggi una studiata intenzione di sottesa propaganda e manipolazione delle notizie con l’intento di influenzare negativamente l’umore delle truppe italiane. Si leggono, così, inviti alla pace, la felicità dei Russi dopo la pace di Brest-Litowsk, la lentezza di intervento delle forze americane, la tirannia inglese, ma anche terrificanti notizie, tutte provenienti da “fonti autorevoli”, di continue vittorie austro-ungariche, la forza degli Imperi Centrali e la debolezza dell’Intesa. Tali materiali però non sortirono gli effetti desiderati di influenzare molto i combattenti italiani.
 Assimilabili a questi fogli, sempre nel 1918, editi da «La Gazzetta del Veneto», stampata ad Udine, furono pubblicati venti numeri del supplemento domenicale illustrato dal titolo: «La Domenica Della Gazzetta». Tale supplemento nella veste grafica, nei caratteri della testata, e parzialmente nel contenuto ricalcava, e volgarmente copiava l'originale supplemento domenicale del «Corriere della Sera» dal titolo «La Domenica del Corriere», con il malcelato intento di confondere i lettori. Nell'interno, in quella che potrebbe essere definita come la «satira della disinformazione», sono pubblicate alcune fotografie, con immagini e didascalie artatamente distorte rispetto alla realtà, che rappresentano momenti di occupazione agreste o intrattenimenti conviviali allegri e gioiosi, allietati da presenze femminili, dei prigionieri italiani nei campi di prigionia austriaca.
Tale non veritiera esposizione grafica costituiva una trasposizione in senso geografico di similari notizie poste in atto nel 1917 dai tedeschi sul fronte della Francia con il giornale in lingua francese «La Gazette des Ardennes», pubblicata a Charleville nel Belgio invaso ed occupato, ed il suo supplemento annuale «Almanach illustré de la Gazette des Ardennes pour 1917». Citiamo alcuni esempi traendoli dall'articolo LA VIE AU CAMP DES PRISONNIERS DE GUERRE (LA VITA AL CAMPO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA) corredato dalla seguente presentazione: Pour donner une idée authentique de la vie des prisonniers de guerre internés en Allemagne, nous croyons ne pouvoir mieux faire que de soumettre à nos lecteurs des extraits de lettres écrites par des prisonniers français . Les photographies que nous ajoutons, ne manqueront pas de confirmer la véracité des lettres.  (Almanach de la Gazette des Ardennes 1917 - Charleville - pagine da 23 a 32):
"...Tout marche bien ici, nous sommes bien traités et les authorités allemandes du camp font tout ce qu'elles peuvent pour adoucir notre sort. Nous ne pouvons que leur être reconnaissants..."
"... Quand nous sommes au camp, l'on joue aux cartes, aux dames ou on lit des livres, que des camarades de Paris, ou du centre, reçoivent. Quand il fait bon, nous allons sur le terrain, près du camp, prendre l'air; il y en a qui jouent au foot-ball, il s'est même formé des équipes par compagnie. Le dimanche après-midi nous pouvons aller voir le concert, car parmi nous il y a des bons violinistes. La ville de Chemnitz leur à loué des violons et la commandanture leur a réservé une place pour les répétitions et faire des concerts. Ces concerts sont faits au profit des maladies nécessiteux."
"...Nous sommes ici, dans une caserme superbe, situation excellente, chauffage central!!! Douches toutes les semaines; derrière la caserme une belle et grande prairie où nous allons nous promener, aussi l'état sanitaire ne laisse-t-il à desirer; la prevue c'est que depuis quinze mois nous n'avons eu qu'un décès sur 250 hommes, c'est en-dessous de la moyenne habituelle... "



"...Mais comme vous le devez savoir l'on travaille de son métier, nous ne sommes pas traités en ennemis, aussi bien par le civil que le militaire, en un mot, nous sommes bien vus, je vous assure que je ne vous mens pas, c'est bien la vérité..."

     Qualsiasi commento o giudizio riguardante queste colossali falsità è superfluo! Non si pensa, del resto, che queste note artatamente elaborate abbiano potuto, in qualche modo, influire sull'opinione pubblica del periodo storico considerato oppure abbiano fuorviato o quanto meno mitigato i concetti negativi formatisi con il tempo nei confronti degli invasori     austro-germanici.

                                                                                                   

FRANCESCO  MAGGI                                                                   www.giornaliditrincea.it


DAL 21 MARZO AL 2 GIUGNO 2014
LA MOSTRA DEI GIORNALI DI TRINCEA SARA' VISIBILE AL CASTELLO DI DUINO


IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE 


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